Cabane

Si passava più o meno davanti alla vecchia casa in pietra della foto per andare da S., un bambino della mia età. Non molto lontando da dove abitava il ramo materno della mia famiglia, come ho già raccontato qui. A Bordighera (IM), certo. Se d’estate stavo da lei, la nonna, che là per qualche anno (ed ecco forse spiegata la lunga “latitanza” di cui in seguito a questo post) andava a cucire, mi ci portava nella zona richiamata, dove i genitori del mio amico gestivano un’azienda floricola. Ed i fiori, sessant’anni fa, venivano ancora coltivati alla grande dalle nostre parti.

Una cosa singolare, che mi era già capitata poco tempo prima con una cara compagna di scuola delle elementari, é che passarono decenni prima che ci si ritrovasse. E, come nell’altro caso, non sono stato io a riconoscere l’interlocutore, ma il contrario.

Eravamo stati, per così dire, paggetti nel gennaio 1956 al matrimonio di una mia zia materna. Ed ho penato alquanto a ritrovare la foto che documenta questo piccolo, grande avvenimento, ma alla fine ce l’ho fatta e gliel’ho mandata.

In quei lontani ed assolati pomeriggi era una grande avventura scorrazzare con S. in quella campagna. Oggi scomparsa, come sono scomparsi – come mi ha sottolineato in seguito suo cugino – due casolari di antica bellezza, per fare posto in terreni che quella famiglia aveva in affitto a nuove costruzioni.

Un aspetto di cui mi ricordo ora all’improvviso e che mi intrigava molto era contribuire, spostando piccoli arnesi di chiusura, al passaggio dell’acqua irrigua nelle canalette di derivazione al servizio della parte orticola della struttura. E intanto mangiare, crude, gustosissime (allora!) carote novelle!

L’acqua, certo. Il primo aneddoto che ho inteso sottolineare a S. – e lui non se lo ricordava – quando ci siamo rivisti concerne quella volta che ci avventurammo – nessuno dei due sapeva ancora nuotare! – nella grande vasca di raccolta dell’acqua piovana: anche per trovare frescura, ma soprattutto per compiere un’azione proibita, tanto é vero che la nostra prodezza venne individuata e redarguita in seguito al rinvenimento delle nostre mutande bagnate.

Da S. sentii in quei tempi suonare per la seconda volta in vita mia dei dischi, in questo caso a 78 giri, e mi imbattei nel marchio del cane davanti ad un grammofono. Giocai in prima assoluta a Monopoli, il cui esemplare S. conserva ancora.

Singolare che S., mentre io – ripeto – lo avevo perso di vista, negli anni abbia frequentato i miei fratelli…

Non ho perso, invece, il ricordo di com’era la zona qui citata. Là, alle Cabane!